Tu sei tu e anche un po' tutti noi

Fai musica nell’indistinto frastuono che c’è. Parli nel silenzio delle idee. Vivi a modo tuo che tanto non starai mai bene a tutti. Certe volte organizzi una carovana con quelli che ci stanno e intraprendi il viaggio con amici, artisti e altri animali. Sei romana e vuoi raggiungere l’anima del mondo che parla lingue lontanissime. Lasci tracce di te sui solchi nell’universo delle canzoni. Ti chiami Bianca ma per farcela devi metterci anche un bel po’ di altri colori. E per questo ti circonda la BandaJorona, ti accompagnano i musicisti che spuntano con i loro strumenti e le loro voci a punteggiare storie di sorellanza, gabbianelli e sorci. Come potevi intitolarlo, questo poetico e struggente canto libero tra visioni realistiche e realtà visionarie, se non «Io so’ me»? Sì, con tutta l’energia lucente che ci vuole, tu sei tu e anche un po’ tutti noi.

Paolo Restuccia


Il folk totale della BandaJorona

Quando ho incontrato la musica della BandaJorona, in un momento in cui più di un equivoco attraversava la scena folk dialettale soprattutto nell’ambito della scena romana, ho avuto immediatamente la sensazione che dietro una produzione che riecheggiava i canti della mala e gli stornelli e che aveva come numi tutelari due “grandi madri” come Graziella Di Prospero e Gabriella Ferri ci fosse un cammino che partiva da lontano e che altrettanto lontano avrebbe portato. Il fatto di essere nati a Roma significa assorbire forme, colori, storie e complessità di una metropoli ancorata ad una tradizione che si rimpasta continuamente con un tessuto sociale fatto di multiculturalità e di linguaggi inconsueti: saper disporre di quei linguaggi e restituirli in forma canzone senza indulgere a manierismi e ad esercizi di stile è operazione che, quando riesce, riempie di meraviglia.

BandaJorona si è imbevuta per anni delle suggestioni che transitavano per la Capitale, integrando ad esse una sensibilità contemporanea che non permetteva che restassero fuori tutta una serie di altre vicende. Come ad esempio l’esperienza sudamericana di Bianca, che a Roma chiamano “Jorona” proprio facendo riferimento al celebre pezzo “La Llorona” dal repertorio della leggendaria Chavela Vargas. O la profonda conoscenza del mondo mitteleuropeo, dei Kabarett e del teatro musicale di Monaco di Baviera e di Berlino, e il suo portato di Klezmer e Yiddish Song che si installa magicamente nella cultura capitolina. Un folk totale, insomma, a cui qualsiasi tentativo di riduzione a fenomeno locale va inevitabilmente stretto. In cui si canta in romano perché in romano si parla, ma per lo stesso motivo se è necessario ci si esprime in italiano, o in inglese, perfino.

Quando ho incontrato la musica della BandaJorona me ne sono innamorato a tal punto da rispondere senza indugio ad una sorta di chiamata: contribuire a restituirle la scena che merita. Una trasversalità così marcata dal punto di vista culturale, un impegno e una militanza così netta e categorica dal punto di vista politico-sociale, una capacità così rara di emozionare l’ascoltatore attraverso la narrazione di brandelli di vita vissuta e di quadri viventi fatti di personaggi ed accadimenti urbani non possono restare inascoltati finanche in un contesto impermeabile all’empatia come quello che ci troviamo a vivere in questo momento storico.

Dunque ho deciso di mettermi in cammino insieme a loro, e mi sono ritrovato a condividere con loro momenti di ansia apocalittica ed altri di felicità assoluta, fino ad avere tra le mani un disco che è la summa di quanto finora detto: i brani di questa raccolta di inediti sono come tante facce che vanno a comporre un prisma che rappresenta l’anima e la storia personale delle sue autrici, Bianca “La Jorona” Giovannini e Desirée Infascelli. Un disco in cui per la prima volta l’interpretazione e la rivisitazione di canti della tradizione cedono il passo all’autorialità, dando voce a sentimenti e a racconti scritti e narrati in prima persona. In cui ai classici strumenti folk (fisarmoniche, contrabbassi, mandolini, ciaramelle) si aggiungono ora sonorità elettroniche “stranianti”, che raccontano altre storie, o le stesse storie da altri punti di vista. In cui i testi talvolta abdicano addirittura al metro, pur di concentrarsi sul senso. In cui l’eco dei Maestri (Pier Paolo Pasolini, in primis) è una presenza costante e non rassicurante.

In questo cammino abbiamo incrociato la strada con persone di grande talento e grande umanità, che hanno messo la propria arte al servizio di un progetto davvero non facile. I loro suoni però si sono subito amalgamati perfettamente nel tessuto del disco. Alcuni pezzi sembrano nati per avere proprio quel determinato solo, quella precisa figurazione ritmica, quella particolare tessitura armonica. Ne risulta un disco corale e allo stesso tempo estremamente personale. Aver coinvolto musicisti di questo calibro e aver creato insieme a loro una sonorità così determinata e così fortemente voluta è uno dei nostri principali motivi di orgoglio. Da parte mia sopra ogni altra cosa c’è la consapevolezza di aver contribuito in qualche misura a dar vita a un progetto complesso, ma che riserva attimi di divertimento puro, oltre che di riflessione e di commozione. Realizzato con amore e dedizione come un buon prodotto di artigianato di una volta. Un disco che viene da lontano.

Alberto Menenti


Io so' me...

 

Questo è il mio nuovo lavoro, il nuovo disco della BandaJorona, gruppo che ho fondato ormai quasi venti anni fa. L'album, il terzo del gruppo, dal titolo di "Io so' me", è scritto quasi interamente da me e da Desirèe Infascelli, sia testo che musica, e presenta varie mie sfaccettature, sia musicalmente che biograficamente parlando, insieme ad un carattere di ricerca e sperimentazione di sonorità e atmosfere.
Questo mio nuovo progetto ha poco a che vedere con i lavori precedenti di BandaJorona; ma allo stesso tempo, naturalmente, ha moltissimo, quasi tutto a che vedere. Perché chi siamo noi, se non il bagaglio di ciò che accumuliamo nel corso delle nostre vite, le esperienze, i dolori, le assenze e le forti, determinanti presenze, la tanta musica ascoltata e le sottili, impercettibili, fondamentali influenze di tutto ciò che attraversiamo?
Come dice anche il testo di una canzone resa celebre da Gabriella Ferri e che amo a volte cantare: "Ognuno ha tanta storia, tante tracce nella memoria / tanto di tutto, tanto di niente, le parole di tanta gente"...
Alcuni, pochi preziosi compagni di viaggio conoscono i mondi che ho attraversato e che mi hanno formato: la canzone politica d'impegno (Ivan della Mea, quanto mi manca!), il folk urbano in tutte le sue declinazioni, il rock, quello buono, la strada, la politica attiva, la musica tradizionale dei paesi e dei "vecchietti", la cultura colombiana e più in generale latinoamericana, i vinili pieni di graffi rintracciati nei mercatini e gli appunti persi e ritrovati, tanto sui siti web sperduti nella rete, quanto negli armadi di metallo, entrambi preziosi archivi, frutto di lotte, di studi, di sudore di tante volenterose, intelligenti persone. E i miei cari studi archeologici, spesso intrisi di profumo di terra e di passi perduti, come più tardi quelli di antropologia culturale e (per forza!) di etnomusicologia. Le bande politiche, i cappelli e i viaggi, sempre un pò storti, un pò stanchi, così pieni di musica e d'amore per, più o meno, tutto.
Tutto questo trova eco nei brani di questo album: dalla title-track “Io so’ me”, che è una presa di posizione contro l'atteggiamento di una società massivamente giudicante, in particolare contro le donne, ma valido, ahimè, per tutti; a “Le scarpe nove”, costruita innestando un’atmosfera pasoliniana su una base elettronica, con la citazione campionata di Laura Betti in "Cristo al Mandrione"; dalle lunghe notti passate con Desirée nelle milonghe popolari della capitale che si ritrovano nel tango “La rosa sbagliata”, con le pennellature del sax di uno straordinario Daniele Sepe, fino al lusso di non cantare, ma solo declamare nel brano “I fascismi, ora.”, col testo scritto da me e da Carlo Catalisano, che contiene una nota citazione pasoliniana da "Vie Nuove" ed una musicale, dal "Quinto Regimiento" della Guerra Civile di Spagna interpretato da Pete Seeger.
Un regalo prezioso è "Il poema dei visionari", testo e musica di Mario Castelnuovo, che compare anche in voce; una visione onirica e poetica, da uno dei geniali "cantautori gentili". Una nota particolare la voglio infine riservare alla bonus track di quest’album, una versione del brano “Er sorcio e ‘r gabbianello” eseguita con chitarre e voce nell'inconfondibile sound da "Uomo Nero" del nostro caro amico Piergiorgio Faraglia, recentemente scomparso. Manchi, fratello mio: ma guarda, eccoti qui, non un grammo di potenza si è perso nel tuo passare altrove.

La formazione base della attuale BandaJorona vede Bianca “La Jorona” Giovannini alla voce, Desirée Infascelli alla fisarmonica e alla programmazione elettronica, e Daniele Ercoli al contrabbasso.
Ringrazio l'affettuosa, stimabile ègida di Mimmo Ferraro e della sua Squilibri che, con la consueta attenzione ai contenuti, ci offre in queste pagine, con il cd in allegato, l'opportunità di creare una narrazione tra parole, suoni e immagini, come libro ancor più che come progetto discografico; e con la traduzione in inglese, per viaggiare se possibile ancora più lontano. Un'altra persona a cui devo molto e che mi ha onorato di una nota introduttiva è Paolo Restuccia, scrittore e regista del programma RadioRai "Il Ruggito del Coniglio", che mi conosce e mi ha sostenuto in lunghi anni.
Preziosa la presenza e il sostegno di SCUP - Sport e Cultura Popolare, un luogo fisico, a Roma, e un collettivo umano ricchissimo, stimolante, che mi fornisce quotidiano supporto progettuale, pratico, immaginifico. Politica e cuore.
Il ricco progetto fotografico che accompagna il libretto è di Arianna Bonelli, una donna che penso abbia saputo leggere fra gli interstizi delle visioni musicali con un calore e un acume che mi stupisce ogni volta che sfoglio, di nuovo, le sue immagini.
E poi molti compagni di viaggio... permettermi qui di sottolinearne alcuni: ecco Desirèe Infascelli, sorella di vita e musica, Alberto Menenti, senza il quale non avrei avuto la possibilità di emergere dall'acqua del mio brodo primordiale privato, l'apporto sferzante e vitale di Gianluca Mattei. E Daniele Ercoli col suo cuore e il suo talento, Mario Castelnuovo come fratello maggiore e caldo porto sicuro, e tutti i molti camminanti che si sono succeduti nell'ensemble della BandaJorona, in primis quel geniaccio milanese di Davide Baldi. Tantissimi hanno supportato il progetto in molti modi, e la stima e l'affetto da cui siamo state travolte ci ha permesso di convertire i nostri miraggi in note concrete, in segmenti fissi, in una coerenza politica ed emotiva che resta per me, ancor di più in questo periodo storico, fondamentale, fondante.
Il mio desiderio è che questo lavoro possa partire da me ed arrivare altrove, trasformato, riappropriato da chi lo vorrà conoscere: uno spunto di riflessione, spero. O anche solo un'emozione.

Bianca Giovannini, la Jorona